Di Mauro Rossinelli
Domanda: Quanto è importante la “certificazione” della continuità aziendale?
Risposta: Moltissimo.
Deduzione implicita: se è importante la “certificazione” di continuità aziendale è altrettanto importante la costante verifica dei presupposti che caratterizzano la continuità aziendale.
La continuità aziendale è il presupposto secondo il quale una azienda è in grado di continuare a svolgere la propria attività in un prevedibile futuro.
Tale concetto è contenuto nel punto 1 dell’art. 2423 bis del codice civile, rubricato “Principi di redazione del bilancio” [ la valutazione delle voci (di bilancio) deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuità dell’attività ] e ribadito nei principi contabili nazionali ed internazionali (OIC – IAS), nei principi di revisione (ISA Italia) ed anche dalla Banca d’Italia nel documento n. 2 del 6 febbraio 2009.
Il presupposto di continuità aziendale è sussistente , quindi “certificabile” dall’Organo amministrativo e – se esistente – dall’Organo di revisione della società, quando l’impresa dimostri di essere nelle condizioni di poter onorare con puntualità tutti gli impegni assunti e, più in generale, tutte le proprie obbligazioni in un determinato periodo di tempo (normalmente 6 mesi); in altri semplici termini,, quando l’azienda è in grado di garantire il pagamento, nei sei mesi successivi alle rilevazioni, dei salari, degli stipendi e degli oneri contributivi, dei fornitori, dei rateizzi in corso, delle rate di finanziamento, ecc..
Se sussistente tale presupposto, le attività e le passività aziendali dovranno essere contabilizzate a “valori di funzionamento”, tenendo cioè conto della capacità aziendale di realizzare le attività (vendita delle merci a valori correnti di mercato e capacità di incassare i crediti alle scadenza pattuite) e di provvedere al puntuale pagamento dei debiti di funzionamento (costi del personale, fornitori) e di finanziamento (debiti verso banche e altri finanziatori).
Qualora, invece, non sussistessero i presupposti per garantire la continuità aziendale, i valori assunti per la redazione del bilancio di esercizio dovranno necessariamente essere di “liquidazione” anziché di “funzionamento”: le attività (crediti e immobilizzazioni) a valori di presumibile realizzo; le passività (debiti verso fornitori, istituti di credito, ecc.) a valori nominali.
La verifica dell’esistenza dei presupposti della continuità aziendale è un concetto che sta alla base anche delle riforme del diritto societario e della crisi di impresa. Si richiamano a tal fine:
le lettere a ) e b) – punto n. 1 – dell’art. 2 del Decreto Legislativo 14/2019 (Ai fini del presente codice si intende per : a) “crisi”: lo stato di squilibrio economico- finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi si cassa prospettici a far fronte regolarmente alle operazioni pianificate; b) “insolvenza”: lo stati del debitore ce si manifesta con inadempimenti od altri fattori esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è in grado di soddisfare regolamenti le proprie obbligazioni);
il primo comma dell’art. 13 del precitato Decreto Legislativo (Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della non sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e dell’assenza di prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, nei sei mesi successivi. A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la non sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’inadeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, anche sulla base di quanto previsto nell’articolo 24);
il primo comma dell’art. 2 del Decreto Legge n. 118/2021 (L’imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, può chiedere al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa la nomina di un esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. La nomina avviene con le modalità di cui all’articolo 3, commi 6, 7 e 8. 2.).
Insomma, se l’imprenditore pone attenzione al permanere dei presupposti della continuità aziendale, sussistono tutte le prerogative affinché l’impresa – anche in caso di temporanea difficoltà – possa mantenersi in vita; se, viceversa, l’imprenditore non verifica costantemente l’esistenza di tale presupposto, le conseguenze potrebbero essere particolarmente gravi.
Misurare la continuità aziendale non è sempre semplice; anzi, per la verità, è sempre piuttosto complicato, atteso che l’insieme delle informazione da elaborare sono in parte desumibili dalla contabilità (nella speranza che sia ben tenuta!!!) e in parte rintracciabili in fatti extracontabili, che però, se opportunamente “lavorati” e “letti”, potranno facilmente essere integrati con i dati contabili (ad esempio: una azienda che opera con paesi ad elevato rischio di conflitti civili dovrà tenere conto di tale ipotesi nelle proprie pianificazioni economico-finanziarie) – Riferimento ISA 570 – paragrafo 5.
Di grande supporto all’Organo amministrativo potrebbero essere i Consulenti aziendali (e non i contabili) che, per la loro specifica formazione, sono in grado di “leggere” i bilanci in modo da trarne tutte le informazioni utili per la verifica dell’esistenza del presupposto della continuità aziendale.
La costante verifica dell’esistenza dei presupposti che garantiscono la continuità aziendale è un tassello, ancorché estremamente importante, del più complesso mosaico costituito dall’adeguato assetto organizzativo richiesto dal legislatore per prevenire l’insorgere di una, anche potenziale, crisi di impresa (vedasi mio precedente articolo pubblicato nel sito di Omnia Consulenti – WWW.OMNIACONSULENTI.IT – nella sezione “News – Gestione di Impresa”).
Nel più generale ambito dell’adeguato assetto organizzativo, ma con particolare riferimento alla verifica della sussistenza dei presupposti della continuità aziendale, il professionista aziendalista, e non il contabile, assume un ruolo determinante nel fornire all’Imprenditore una chiave di lettura critica della propria azienda, discendente dai dati contabili, dalle informazioni fornite dallo stesso imprenditore e dalla esperienza (dato, quest’ultimo, non banale) del professionista consulente.
La mancata adozione di un adeguato assetto organizzativo e dei basilari strumenti di verifica della continuità aziendale determina una debolezza strutturale che potrebbe sfociare in responsabilità soggettive dell’Organo Amministrativo.
I estrema sintesi, il sistema che obbliga l’azienda di ogni dimensione ad introdurre sistemi di controllo e modelli organizzativi formali per la costante verifica della continuità aziendale, sempre e comunque con l’ausilio del professionista-aziendalista, deve diventare il faro che guida l‘attività di impresa, attesa l’importanza degli equilibri economico-finanziari nella gestione aziendale.
Senza scendere nel complesso sistema degli indici di bilancio e considerato che gli indicatori che misurano la potenziale crisi sono principalmente finanziari, si offre di seguito un prospetto per la rilevazione (in giorni) dei tempi medi di riscossione, di pagamento, di rotazione del magazzino e dell’indice di liquidità.
Per ottenere i risultati è sufficiente inserire i dati di un bilancio nelle corrispondenti celle di colore azzurro (editabili).
I dati, singolarmente presi, hanno già un valente significato, esprimendo il tempo medio di dilazione concesso ai clienti , il tempo medio di dilazione ottenuto dai fornitori e il tempo medio di rotazione delle scorte di magazzino. Confrontando poi i dati relativi a più esercizi è possibile apprezzare le variazioni intervenute e valutarne le motivazioni.
I dati aggregati esprimono (in giorni) il ciclo operativo; indica la differenza tra i tempi di riscossione e quelli di pagamento, tenendo conto dei tempi di rotazione del magazzino.
Se qualcuno si domandasse quanto siano importanti i dati sulla circolazione dei crediti (tempi di dilazione medi concessi ai clienti), dei debiti (tempi di dilazione medi ottenuti dai fornitori) e della circolazione delle merci di magazzino (giorni di giacenza delle merci prima di essere vendute), in risposta si propone il seguente esempio:
Dilazione media ottenuta sui pagamenti ……………giorni ……. 120
Tempi di rotazione del magazzino……………………giorni ……. 30
Dilazione media concessa ai Clienti (riscossioni) … giorni …… 90
In tal caso il ciclo operativo netto sarebbe uguale a “zero” e potrebbe essere logico aspettarsi che l’impresa non necessiti di importanti linee di credito (attenzione: in questo modello di calcolo non è stato tenuto conto dei tempi di trasformazione, diversi a seconda delle dimensioni aziendali e dei prodotti realizzati, che creerebbero un divario nei flussi finanziari attivi e passivi).
In presenza, invece, di un ciclo operativo con risultato negativo l’Organo amministrativo dovrà ben calibrare l’utilizzo della propria liquidità o delle linee di credito ottenute dal sistema bancario.
Soccorre l’imprenditore l’indice di liquidità corrente, che esprime lo stato di salute finanziario dell’azienda. Se l’indice è superiore (>) a 1, la società dimostra un buono stato di salute finanziaria e appare quindi in grado di adempiere alle proprie obbligazioni con sufficiente tranquillità. (Un indice elevato potrebbe comunque significare un non efficiente utilizzo delle attività correnti o che la società non si stia correttamente finanziando, oppure che non stia gestendo il proprio capitale circolante in modo funzionale); se l’indice è uguale (=) ad 1 denota una situazione finanziaria precaria, suggerendo una attenta valutazione delle cause; se – invece – l’indice è inferiore (<) ad 1 mette in evidenza una situazione finanziaria critica, imponendo una immediata attività correttiva.
Attraverso la rilevazione e l’analisi degli indici di bilancio è quindi possibile ottenere una infinità di informazioni che permettono agli Imprenditori/Organi Amministrativi di calibrare al meglio i loro interventi.
Grazie a specifici software e all’esperienza dei Professionisti del gruppo Omnia, siamo in grado di elaborare 27 indici economici, finanziari e gestionali e di attribuire ad ogni indice un rating specifico aziendale.
Tali indicatori permettono al professionista-consulente l’immediata percezione dei punti di forza e di debolezza dell’impresa e, quindi, la loro ulteriore valorizzazione o indicazione delle modalità di intervento.