Ancora in merito ai controlli sui dipendenti in deroga all’art. 4 Statuto dei Lavoratori
Cassazione 34092/2021
La sentenza oggi in esame consegue ad una controversia avente ad oggetto la liceità (o meno) dei cosiddetti “controlli difensivi occulti” del datore di lavoro, quelli cioè, effettuati all’insaputa del lavoratore ed in deroga all’art. 4 Stat. Lav.
La vicenda in breve. Il direttore generale di un’azienda aveva impugnato il suo licenziamento, basato sulla contestazione di una rilevante trasgressione del codice etico e una seria violazione dei principi di riservatezza. La contestazione era stata predisposta sulla base delle risultanze dei file di log in cui l’indicazione dell’oggetto consentiva di individuare le mail inoltrate all’esterno dall’account aziendale del dirigente; i file di log non erano infatti collocabili tra gli strumenti utilizzati da dipendente per rendere la prestazione lavorativa ed il controllo richiesto dall’azienda al service provider era conseguenza di un alert verificatosi nel sistema informatico. Di contro, la tesi del lavoratore secondo la quale tale alert era stato intenzionalmente provocato dalla società era rimasta priva di riscontro probatorio.
La sentenza in esame conferma l’oramai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale esulano dall’art. 4 Stat. Lav. “e non richiedono, quindi, l’osservanza delle garanzie ivi previste, i controlli difensivi effettuati dal datore se diretti ad accertare comportamenti illeciti e lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale, tanto più se disposti ex post, ossia dopo l’attuazione del comportamento in addebito, così da prescindere dalla mera sorveglianza sull’esecuzione della prestazione lavorativa” (Cass. n. 13266 del 2018).
La Suprema Corte ha voluto innanzitutto rafforzare l’orientamento ormai consolidato sulla legittimità dei suddetti controlli, purché svolti nei limiti e con le modalità più volte indicate nelle numerose sentenze, ma nel contempo ha voluto specificare e chiarire che il controllo difensivo è legittimo solo se attuato ex post e cioè solo se vi è un fondato sospetto che il lavoratore abbia commesso un illecito, ma in nessun caso può essere giustificato l’annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore. I due interessi devono, quindi essere bilanciati (Cass. 18302/2016). Appare quindi fondamentale il principio del “fondato sospetto” affinché i controlli difensivi siano legittimi e bilanciati coi diritti fondamentali dei lavoratori.
Nel caso sottoposto ad esame della Suprema Corte, quindi, non poteva essere invocata la legittimità dei controlli basata sul sospetto del datore di lavoro, poiché non è accettabile l’acquisizione indiscriminata ed in violazione dell’art. 4 e della normativa privacy di dati, file, mail ecc. di un lavoratore e solo dopo accorgersi del suo comportamento illecito ed invocarlo a giustificazione del comportamento del datore di lavoro e della legittimità dei dati acquisiti.
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