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Validità dei contratti fidejussori alla luce della sentenza S.U. Cass. n. 41994/21 Nullità parziale dei contratti secondo lo schema ABI

 

Ciro Lenti

 

 

Un breve excursus

Nel 2003 l’ABI, quale associazione di categoria, predispose uno schema contrattuale standard di fideiussione adottato dalla quasi totalità delle banche aderenti all’associazione. Tale schema risultò, a seguito del provvedimento n. 55 del 2005 emesso dalla Banca d’Italia, parzialmente in contrasto con alcune norme della legge n. 287 del 1990 (legge antitrust ) e dell’articolo 101 del trattato sul  funzionamento dell’Unione Europea e dell’articolo 1419 nel codice civile, “in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile da contratto, così altrimenti comprovate, una diversa volontà delle parti”.

Gli articoli dello schema contrattuale considerate in contrasto con le suddette norme dal provvedimento della Banca d’Italia sono il 2, 6 e 8.

Per meglio comprendere il portato delle questioni si riportano qui di seguito:

 

– art. 2 – clausola di reviviscenza della fideiussione (“il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo“),

 

– art. 6 – clausola di deroga all’art. 1957 c.c. (“i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato”);

 

– art. 8 – clausola di permanenza del vincolo fideiussorio, in ipotesi di vicende estintive e di nullità dell’obbligazione principale (“qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate“).

 

Ai fini di una ricostruzione del percorso tracciato dalle massime della cassazione bisogna dare atto che il Giudice di Legittimità, è intervenuto nel 1999 (Sez. I Civ. 1 febbraio del ’99 n. 827) massima richiamata nell’ordinanza  del 2017 (Sez. I Civ. n. 29.810 del 12 dicembre 2017), più recentemente la cassazione è intervenuta per ben tre volte (Sez. I Civ. 22 maggio 2019 numero 13.346, Sez. I Civ. 15 giugno 2019 numero 21.878, Sez. I Civ. 26 settembre 2019 numero 24.044). Questi ripetuti interventi sulla medesima materia sono generati da diverse interpretazioni e posizioni sia della dottrina che della giurisprudenza. Ed ecco che come spesso accade interviene la Cassazione a Sezioni Unite affinché vengano fissati dei principi di diritto ai quali gli operatori del diritto ed i tribunali di merito si “dovrebbero attenere”.

 

Le tendenze della giurisprudenza e le illusioni degli operatori

I numerosi pronunciamenti della cassazione ci portano, per deduzione logica, a pensare che nel tempo si sono formate tendenze ed interpretazioni nei vari tribunali tra loro contrapposte. Questa situazione, abbastanza normale nel nostro ordinamento, ha indotto l’intervento del Giudice di Legittimità a pronunciarsi a Sezioni Unite, per cercare di mettere un punto fermo sull’argomento e per riaffermare al contempo il noto principio della certezza del diritto.

La prima ordinanza che ha trattato l’argomento ha osservato che l’articolo 2 della legge antitrust dispone che siano nulle le intese fra imprese che abbiano ad oggetto quello di impedire, restringere, o falsare la concorrenza all’interno del mercato nazionale. Avere elaborato uno schema di contratto fideiussorio inficiato da norme dichiarate nel corso del tempo nulle, utilizzato dalla quasi totalità delle imprese bancarie, di fatto ha falsato la concorrenza non dando la possibilità al contraente di rivolgersi ad altro istituto dato che avrebbe trovato lo stesso tipo di contratto.

 

Ma una ulteriore considerazione merita di essere fatta. “L’inerzia o forse la ritrosia ad agire” da parte dell’intero comparto bancario lascia davvero perplessi, in quanto, lo schema contrattuale è del 4/07/2003, e già nel ’99 la Cassazione era intervenuta sulla validità prescrittiva delle norme antitrust rispetto ai comportamenti aziendali finalizzati a “forzare” e “falsare” la concorrenza ma nonostante ciò il sistema è andato avanti per la sua strada.

 

L’argomento è tanto più controverso che ha costretto la Corte, nella sentenza di cui si discute, critica in maniera chiara e vorremmo dire aspra l’orientamento dello stesso Procuratore Generale. Da questo fatto si possono trarre diverse considerazioni che si ritrovano nei tre principali orientamenti individuati nelle diverse ordinanze  sopra menzionate.

 

Un primo orientamento è quello che considera la non invalidità del contratto in presenza di una intesa vietata dall’art. 2 della legge sull’antitrust. Aderendo a questa posizione il contratto ancorché inficiato da condotta anticoncorrenziale resta valido la parte che ha subito il pregiudizio può attivare soltanto un’azione risarcitoria e non potrà ottenere l’annullamento del contratto tout court. Tale orientamento è suffragato dall’ordinanza della Cass. Civ. dell’11 giugno 2003 n. 9384 la quale stabilisce che la condotta anticoncorrenziale di fatto non inciderebbe sulla struttura del rapporto negoziale finale né sugli elementi essenziali del contratto stesso. Pertanto se condotta scorretta possa esserci, questa non genera l’invalidità del contratto, ma apre la possibilità a colui che abbia chiama subito il pregiudizio a chiedere al giudice che gli venga riconosciuto un ristoro economico dalla banca.

 

Un secondo orientamento, molto più restrittivo del primo, stabilisce che se il consumatore avesse potuto liberamente valutare più offerte sul mercato, in un mercato ovviamente concorrenziale, molto probabilmente non avrebbe sottoscritto il contratto con quelle cause illecite. Di converso la banca seguendo la stessa logica, ma con un intento opposto, ossia che non avrebbe mai sottoscritto un contratto senza che questo avesse quelle clausole che di fatto restringono la concorrenza.

Da ciò deriverebbe l’invalidità dell’intero contratto e non solo di quelle clausole che non rispettano la legge antitrust ed in particolare l’art. 2. Questo secondo orientamento è stato elaborato dalla giurisprudenza di merito ed è in netto contrasto con il primo orientamento.

Su questo orientamento gli operatori del diritto hanno assolutamente “calcato la mano” nel cercare di far dichiarare nulli tutti quei contratti che rispettando il modello standard elaborato dall’ABI da un lato non rispettavano la legge antitrust e dall’altro erano stati, almeno per le clausole di cui agli articoli 2, 6 e 8, cassati dal provvedimento n. 55 della Banca d’Italia del 2005.

 

Ovviamente questa è una posizione estrema e la suprema corte nella sentenza che si commenta individua una terza e prevalente opzione interpretativa secondo la quale, quelle clausole dichiarate nulle, in quanto in contrasto con la legge antitrust, dalla Banca d’Italia e dall’AGCM se riportate nei contratti stipulati tra banca e consumatore sono nulle. Questa è una nullità specifica delle singole clausole per illiceità dell’oggetto, ove la restrizione e la falsificazione della concorrenza non genera però la nullità totale del contratto stipulato.

Sulla scia di questa terza opzione interpretativa si sono collocate le ordinanze del 2017 e le 3 ordinanze del 2019 sopra citate.

Quindi le Sezioni Unite aderiscono a questa terza interpretazione considerando nulle le clausole di cui agli articoli 2, 6 e 8 dello schema ABI ma non necessariamente di tutti i contratti stipulati dalle banche con la propria clientela.

La questione è così importante che si è venuto a creare un chiaro contrasto tra quanto relazionato dal Procuratore Generale, il quale considerava i contratti, tra l’impresa bancaria e il cliente, quale esercizio dell’autonomia privata ex articolo 1322 del codice civile prendendo una chiara posizione sulla validità del contratto a prescindere dalla presenza di clausole in chiara contrapposizione alla legge antitrust ed a altre norme dell’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale. Infatti, la posizione del Procuratore Generale che giunge a dire “l’avere inserito all’interno del contratto alcune clausole estratte dal programma anticoncorrenziale non appare circostanza sufficiente a privare il  successivo contratto a valle di una autonoma ragion di essere e della sua validità”, non convince il collegio!

 

La posizione della Corte in estrema sintesi è chiara ed in linea con i principi generali del diritto e con chiaro ed “illuminante” richiamo alla Carta Costituzionale.

 

Infatti, la Corte traccia una linea di demarcazione tra quanto dichiarato dal Procuratore Generale e la propria posizione basando le sue conclusioni sui principi generali del diritto dichiarando “ è evidente che se le parti ben possono determinare il contenuto del contratto ex articolo 1322” , sono tuttavia pur sempre tenute a farlo “nei limiti imposti dalla legge” da intendersi,  in una visione sicuramente dominante, come l’ordinamento giuridico comprensivo di norme di rango costituzionale e sovranazionale (Cass. Sez. U. n. 22437 del 24/09/2018).

 

La Corte inoltre seguendo il principio sopra riportato richiama l’articolo 41 della Costituzione il quale  tutela l’iniziativa economica privata, ma traccia i confini entro  cui l’iniziativa può muoversi. Infatti l’iniziativa non può svolgersi “in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”.

Pertanto la tutela dell’iniziativa economica si deve riconoscere quale contemperazione  di interessi e sempre nel rispetto delle norme nazionali ed internazionali.

 

In questo senso l’opzione della “nullità parziale” è sostenuta dalla Corte richiamando l’articolo 1419 che Codice Civile che esprime il generale favore dell’ordinamento per la conservazione ove possibile degli atti di autonomia negoziale  anche se in contrasto con uno schema legale riconosciuto, ma con la possibilità di estendere la nullità all’intero contratto in presenza di precise richieste e condizioni. Ed ecco che ai fini strettamente processuali sarà il diretto interessato che abbia un interesse a chiedere di “ far cadere in toto l’assetto di interessi fornendo la prova dell’interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, mentre resta precluso al giudice rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità parziale dell’intero contratto”.

 

In conclusione, la Corte rileva, che il giusto equilibrio, da tutelare, tra posizioni, nel sistema d’impresa si riscontra nel seguente principio “il legislatore sia comunitario che nazionale – ha inteso impedire un risultato economico, ossia l’alterazione de libero gioco della concorrenza, a favore di tutti i soggetti del mercato in qualsiasi forma l’intesa anticoncorrenziale venga posta in essere”.

Da ciò si deduce che l’utilizzo seriale ed indiscriminato del modello standard contrattuale elaborato dall’Associazione Bancaria Italiana, è da ascriversi in un comportamento scorretto degli istituti bancari, teso a falsificare il mercato ed impedendo la libera scelta per i clienti, abbassando proprio, per questa uniformità imposta, il livello qualitativo delle offerte.

 

Riflessi concreti per la clientela a seguito della sentenza n. 41994.

I principi di diritto fissati dalla Corte sono chiari anche per i non addetti ai lavori in quanto da un lato impattano su chi può agire (il titolare di un interesse) e dall’altro su chi può decidere, ovviamente il giudice, su istanza del titolare dell’ interesse, sempre nel rispetto dell’ordinamento giuridico Italiano ed Internazionale con la possibilità dell’annullamento del contratto in toto solo se si riesca a dimostrare l’interdipendenza tra clausola nulla ed il contratto stipulato.

 

In sostanza i casi in cui di fatto i contratti fideiussori saranno dichiarati nulli sono veramente pochi e si restringono nell’alveo delle fattispecie di cui agli articoli 2, 6 ed 8 dei contratti fideiussori dello schema ABI sopra puntualmente riportati.

 

Terranuova Bracciolini, 28/01/22

 

Prof. Ciro Lenti

 

 

 

 

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