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accertamento bancario
accertamento bancario

di Mauro Rossinelli – agosto 2022

L’Amministrazione finanziaria, in forza dell’art. 32 del D.P.R. 600/1973 rubricato “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi – Potere degli Uffici –“,   previa indicazione delle motivazioni, può chiedere al contribuente di fornire informazioni rilevanti ai fini dell’accertamento, anche relativamente ai rapporti ed alle operazioni bancarie. Tale richiesta è assistita dal principio di “presunzione legale relativa”.

Prendendo spunto da un accertamento che l’Agenzia delle Entrate  ha promosso  a carico di una società con il quale l’Ufficio, con l’ausilio di verifiche bancarie eseguite anche sui rapporti intestati ai soci,  ha imputato  alla stessa maggiori rediti (dalle predette verifiche erano emersi versamenti e prelevamenti che necessitavano, secondo l’Ente accertatore, di specifiche giustificazioni), colgo l’occasione per soffermarmi  sulla possibilità che l’Amministrazione finanziaria ha di accedere alle informazioni bancarie e sulla differenza tra “presunzione legale” e “presunzione semplice”.

Senza addentrarci nei meandri giurisprudenziali, si definisce – sinteticamente –   presunzione semplice  l’argomentazione logica attraverso la quale si induce da un fatto già provato l’esistenza di un fatto ignoto, lasciata al libero apprezzamento del giudice. La presunzione semplice costituisce efficace mezzo di prova solo nei casi in cui il fatto possa essere provato per testimoni e ammette sempre la prova contraria.

La presunzione legale è l’argomentazione logico-deduttiva attraverso la quale si induce  da un fatto già provato l’esistenza di un fatto ignoto.

Nel caso dell’accertamento promosso dall’Agenzia delle Entrate, analizzando le  operazioni bancarie (“fatto noto”: versamento o prelevamento), l’Ufficio ha dedotto l’esistenza  di maggiori redditi non dichiarati.  L’onere probatorio dell’Amministrazione Finanziaria è così soddisfatto, secondo il precitato art. 32, determinando l’inversione dell’onere della prova; dovrà quindi essere il contribuente a giustificare, con una prova non generica ma analitica, la provenienza delle somme versate o la destinazione dei prelievi effettuati.  

In merito agli accertamento finanziari è bene ricordare che devono essere preventivamente autorizzati dalla Direzione Regionale competente. E’ altresì da precisare che, però,  l’Amministrazione Finanziaria non ha alcun obbligo di motivare il ricorso a tali metodi; se ne deduce quindi che la mancata allegazione all’atto di accertamento del provvedimento autorizzativo alle indagine finanziarie non costituisce illegittimità dell’atto accertativo (art. 51, comma 2, n. 7, D.P.R. 633/72).

L’accertamento basato su indagini finanziarie nell’ambito dell’attività di verifica e accertamento, una volta autorizzato, attribuisce all’Amministrazione Finanziaria ampi poteri istruttori, invertendo l’onere probatorio a carico del contribuente il quale deve riuscire a dimostrare che le operazioni poste a base dell’accertamento stesso esulano dall’attività d’impresa (esempio: vendita di beni mobili non registrati, regalie, ecc.).

Nel caso esaminato, il contribuente socio della società accertata, ha dimostrato che i proventi dei quali l’A.F. chiedeva giustificazioni derivavano dalla vendita di mobilia facente parte di una più ampia eredità.

Si richiamano:

Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 4/2021

https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/0/Circolare_4_07.05.2021.pdf/77eb6e63-f0c0-1be4-9cfb-48bacfcb4fd4

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 18705 del 10 giugno 2022

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