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Avv. Adriano Pesci

Oggi nel nostro studio di Omnia ci ha fatto visita un nostro caro collaboratore, l’Avv. Adriano Pesci, per presentarci il suo ultimo libro relativo alla spinosa tematica della riservatezza delle informazioni bancarie.

Di seguito brevi e significativi estratti dal libro.
Lo sviluppo delle banche dati informatiche ha profondamente modificato la realtà quotidiana. I cultori della materia hanno ben presto acquisito la consapevolezza di potere utilizzare lo strumento per spingersi ben oltre i tradizionali confini (commerciali) di utilizzazione delle informazioni. Hanno intuito la possibilità di poter utilizzare i Big Data per giungere a organizzare (ma il termine più giusto è “conformare”) il
comportamento, individuale e collettivo, dei soggetti censiti secondo modelli e protocolli analoghi a quelli utilizzati per programmare i pc.
Uno dei settori dove è stata subito applicata la nuova filosofia è il mercato del credito. A fare tempo dalla
fine del vecchio secolo, cittadini e aziende si sono trovati al cospetto di uno stesso identico problema,
verificatosi con modalità costanti. Hanno iniziato a vedersi rifiutare domande di finanziamento o a subire
l’adozione di decisioni “prudenziali” di intensità diversa, senza ricevere spiegazioni plausibili, per cui
suscettibili di essere verificate. Il discorso vale per tutti i casi in cui le decisioni negative sono state
giustificate ventilando enigmatiche valutazioni di merito creditizio negative, score molto negativi, oppure,
rating fallimentari. Le cause sono semplici a rappresentarsi. Da un lato la cieca fiducia riposta
sull’intelligenza artificiale e, in particolare, sulla possibilità di potere utilizzare i Big Data Creditizi, tanto per
predire (con buona pace dei cartomanti) la probabilità di insolvenza e, quindi, potere erogare credito in
maniera più semplice e snella (online, h24, sette giorni su sette e ovunque), quanto per individuare e, nel
caso, annichilire (tramite black list creditizie) gli autori di quel comportamento antisociale e antieconomico rappresentato dalle cattive abitudini di pagamento (con un semplicistico, ma pericolosissimo, sistema di regole di tipo “premiale”). Dall’altro lato, una marcata tendenza a non prestare troppa attenzione ai possibili effetti collaterali e ai danni che si sarebbero potuti verificare nel caso in cui qualcosa non avesse funzionato a dovere o non fosse stato adeguatamente ponderato, cosa puntualmente verificatasi.
Se si osservano gli effetti che ne sono conseguiti, si trae l’impressione di trovarsi davvero al cospetto di
qualcosa di paradossale. Sul versante dei beneficiari, si nota che l’utilizzo dei Big Data Creditizi e dei loro
servizi informativi ha sicuramente consentito di erogare finanziamenti in maniera più disinvolta e di lanciare nuoviprodotti finanziari, ma si rileva anche che ha spianato la strada a troppe insolvenze e frodi (vedi, ad esempio, la vicenda dei mutui subprime). Sul versante opposto (quello dei destinatari della cura), invece, si osserva che molti di coloro (persone fisiche o aziende) che hanno finito per essere collocati nelle black list, troppo spesso hanno assunto il minorato status di cattivi pagatori per effetto di segnalazioni errate e non dovute o, peggio, del tutto illegittime, talvolta ritorsive. Ma quel che è peggio, è che sono stati persino condannati a conservarlo per tempi piuttosto lunghi, a causa della decisione discrezionalmente assunta da privati (alcuni dei quali operano sotto forma di SpA, per individualissimi fini di lucro), di imporre regole alla collettività, per esempio quella che un insignificante o incolpevole ritardo nel pagamento di una rata di un finanziamento sia fatto degno di essere segnalato in una black list e qui conservato per anni, con sicuri impatti negativi (sulla possibilità di accedere al mercato del credito) per il segnalato, nonostante la regolarizzazione o l’estinzione del debito. Assumere una simile decisione significa finire con l’andare a dettare e imporre al singolo individuo o a una collettività regole inevitabilmente destinate a interferire e a limitare, per cui conformare diritti e interessi riconosciuti e garantiti (in maniera più ampia) da altre regole, ad esempio dalla Costituzione. Che dire poi del fatto che molti, probabilmente troppi, degli individui che sono stati condannati aforzata nel club, hanno fatalmente trovato adeguatamente pubblicizzata l’offerta di un prodotto finanziario adatto al loro minorato status, i prestiti “per cattivi pagatori”.

Non sarà per caso che dedicandosi allo studio delle abitudini di pagamento e alla profilazione degli utenti dei servizi bancari, si possono fare cose ulteriori e diverse, oltre che meno “nobili”, dalla prevenzione del sovraindebitamento e dei comportamenti scorretti o fraudolenti che possono subire gli intermediari? A cosa ci troviamo di fronte?


I lati oscuri della vicenda sono tanti. Ma una cosa è certa, nulla accade mai per caso, tanto meno quando c’è una banca dati finanziaria nei paraggi.

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