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La transazione fiscale è stata introdotta nel nostro ordinamento nel 2006 ([2]) inserendo il dispositivo nella legge fallimentare all’articolo 182 ter. In questa sede non ci dilungheremo sull’istituto ma è nostro obiettivo quello di evidenziare il portato innovativo della “nuova transazione fiscale”.

Va ricordato però, che la prima forma di transazione fiscale È stata introdotta nell’ordinamento con l’articolo 3, C. 3, d.l. 138 del 2002. Si trattava di una previsione normativa limitata, Riferendosi la stessa solo ai tributi erariali iscritti a ruolo ed il cui modulo attuativo aveva quale presupposto sostanziale l’accertamento della sua convenienza rispetto alla riscossione coattiva.

Questa prima forma di transazione fiscale, Più specificatamente denominata in dottrina nella prassi come transazione dei ruoli in relazione al principio illo tempore quasi un dogma, della indisponibilità del credito tributario, era comunque confinata nell’ambito dell’esecuzione esattoriale e quindi nell’ambito tributario, senza alcun riferimento diretto alle esecuzioni concorsuali ordinarie ([1]).

La transazione fiscale è quel ponte virtuale che permette di passare da una visione assoluta del rapporto tra contribuente ed erario ad una in cui il rapporto in determinate situazioni assume connotati speciali. E’ quel ponte che permette di attraversare quel fiume fino a poco tempo fa non navigabile in quanto il principio fondamentale che regolava il sistema tributario italiano era quello relativo alla indisponibilità del tributo. Come è stato più dettagliatamente detto ([2]), dove nel corso del tempo negli ultimi decenni grazie ad interventi normativi, giurisprudenziali, e della Corte Costituzionale si è giunto con la legge numero 159/20 ([3]) alla riformulazione di questo istituto dopo oltre 15 anni dalla sua introduzione.

L’articolo 182ter originariamente prevedeva l’applicazione dell’istituto esclusivamente nel concordato preventivo e successivamente nel 2007 ([4]) fu esteso agli accordi di ristrutturazione dei debiti istituto previsto dall’articolo 182bis della legge fallimentare. L’ultimo provvedimento normativo ne ha esteso enormemente la sua portata in quanto il comma 1 bis del decreto legge numero 125 del 2020 ha modificato gli articoli 180, 182 bis, e 182ter della legge fallimentare.

La modifica è stata così sostanziale da indurre l’agenzia delle entrate ad adottare il 29 dicembre 2020 la circolare n. 34/E ([5]), impartendo tramite questo strumento normativo istruzioni sia per i propri uffici territoriali che per i contribuenti  ed i professionisti che operano nel settore della gestione della crisi dell’impresa ([6]).

La transazione fiscale è stata definita un sub-procedimento concorsuale ([7]) ([8]) in quanto almeno nella parte relativa ai tributi erariali ed ai contributi assicurativi ed assistenziali contribuisce a risolvere in senso negoziale la crisi d’impresa all’interno delle procedure di concordato preventivo e ristrutturazione dei debiti, supponendo che attraverso la variazione dell’impostazione di fondo dell’istituto possano generarsi quelle soluzioni migliorative e quindi un migliore soddisfacimento degli enti creditori da un lato, evitando al contempo, ove possibile, il disfacimento dell’organizzazione produttiva, salvando di conseguenza i livelli occupazionali, dando vita ad una positiva ricaduta economica generalizzata sul tessuto sociale.

In poche parole questa norma che ha agito su un istituto che regola i rapporti tra contribuente in crisi ed erario, di fatto è da annoverare tra le scelte di politica sociale che genererà un sicuro effetto benefico sulle ristrutturazioni delle aziende in crisi.

Questa nuova connotazione che viene data all’istituto da un lato è stata generata dai provvedimenti normativi nazionali e dall’altro da una sempre più insistente produzione normativa comunitaria ([9]) che spinge verso una nuova concezione di risanamento dell’impresa nel quale siano privilegiate quelle azioni che meglio fronteggiano la crisi economica.

Questo supporto esterno alla normativa nazionale sta contribuendo a ribaltare il paradigma delle procedure concorsuali relegando il fallimento (nel codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza diventerà – liquidazione giudiziale), come è giusto che sia, a quella procedura ultimativa, riconoscendo allo stesso tempo alle cosiddette procedure minori ([10]) un ruolo dominante attraverso le quali si può sicuramente tentare di recuperare le organizzazioni produttive affinché acquistino quelle condizioni di equilibrio economico e finanziario tali da poter continuare a produrre ricchezza.

Attraverso la nuova transazione fiscale ([11]) il contribuente può proporre all’amministrazione finanziaria un accordo, con il quale il primo si impegna a rimborsare il debito erariale con una data percentuale ed in un certo arco temporale ([12]). Quindi il contribuente, ovviamente in stato di crisi, propone agli enti che gestiscono il credito erariale, un accordo transattivo attraverso il quale il debitore si impegna a rimborsare le somme riportate nel piano ed il creditore ad aderire al piano contribuendo con questa adesione al salvataggio dell’organizzazione produttiva.

La novella del 2020 sulla transazione fiscale a parere dello scrivente muove da due necessità:

  1. quella di superare l’immobilismo di alcuni uffici territoriali e manlevare i funzionari che di fatto avrebbero dovuto effettuare una scelta e prendere una posizione ancorché non vi fosse, prima della riforma del 182 ter, alcun obbligo di motivazione dell’eventuale non adesione alla proposta;
  2. rilasciare una delega “forzosa” al giudice per effettuare il ribaltamento anche di un voto negativo dell’amministrazione se l’attestazione del piano dimostri la convenienza dello stesso rispetto alla liquidazione giudiziale.

La novità sostanziale della nuova transazione fiscale consiste quindi nel fatto che in caso di “mancanza di voto” nell’accezione che vi sia mancata espressione del voto, o anche di un voto in dissenso, quindi espressione di un giudizio negativo al piano, il giudice in presenza delle due condizioni ossia il voto delle agenzie fiscali e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori sia fondamentale per il raggiungimento del quorum minimo previsto dalla legge, e che il piano preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale del ricavato in caso di liquidazione avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni e ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.. ([13]), nonché l’attestatore abbia evidenziato la convenienza economica per i creditori e quindi per l’erario, il voto espresso dalle agenzie fiscali e dagli enti gestori delle forme di previdenza ed assistenza può essere disatteso dal giudice per una superiore finalità di natura sociale, possiamo dire, anche economica del piano rispetto alla liquidazione giudiziale ([14]).

Le conclusioni a cui siamo giunti introducono un’altra questione di grande momento, ossia in caso di non adesione da parte dell’ente preposto al piano elaborato dal debitore quale sarà il giudice naturale a dirimere la controversia?

La questione ha grande importanza in quanto le controversie che possono sorgere in questo ambito sono incardinate nel procedimento madre (concordato preventivo oppure nella procedura ex art. 182 bis – ristrutturazione dei debiti) quindi la transazione fiscale come sopra detto nella sua veste attuale ha natura di sub-procedimento all’interno di un procedimento concorsuale.

Una prassi ormai sconfessata dal pronunciamento di recentissima cassazione ([15]) prevedeva la sottoposizione della controversia sorta dal dissenso espresso sul piano, di ricorrere al giudice tributario dato che la materia del contendere interessava i tributi. La Suprema Corte ha fissato dei principi chiari circa il giudice da adire in quanto non si deve guardare al tipo di tributo quanto al contesto nel quale sorge la controversia. Anche perché applicando un principio della logica Aristotelica, il sillogismo, si giunge alla seguente conclusione: attraverso la transazione fiscale vengono trattati i crediti tributari ed i contributi, solo ed esclusivamente all’interno delle procedure concorsuali, di conseguenza il giudice naturale non è quello tributario, ma quello ordinario e quindi il giudice delegato.

Da quanto sopra però possiamo trarre ulteriori ed illuminanti considerazioni. La nuova transazione fiscale getta le basi per una “nuova alleanza” ([16]) tra due mondi o meglio tra due visioni del mondo. Il mondo dell’indisponibilità del credito tributario e le esigenze dell’economia sociale che si pone, in questo preciso momento storico, su un gradino più alto e di sicura preferenza rispetto alla visione classica dell’indisponibilità del tributo.

Ma attraverso la nuova transazione, il legislatore ha, nella linea comportamentale degli ultimi decenni, delegato ad un terzo soggetto, il giudice, affinché possa, prendere posizione anche in modo discordante rispetto alla posizione dell’ente che amministra il tributo. Ovviamente ha fissato limiti e modalità e ruoli.

I limiti li riscontriamo nelle procedure concorsuali, le modalità ossia solo quando il voto dell’ente è fondamentale per il raggiungimento delle maggioranze previste e quando il professionista indipendente nominato dal debitore, che oltre ad attestare  la sussistenza dei presupposti di legge attesti che il piano proposto dal debitore sia più conveniente per il soddisfacimento delle pretese fiscali rispetto alle altre alternative.

Ed ecco superato in un sol colpo tutta la tradizione tanto cara agli enti amministratori dei tributi che raramente hanno aderito ai piani o espresso un voto favorevole nei concordati preventivi.

Le procedure cosiddette minori, finalmente assurgono ad un ruolo preminente nelle procedure concorsuali, anche perché l’interesse concorsuale è variato nel tempo oggi le le vecchie procedure minori, neglette di fronte al fallimento, vera distruzione di ricchezza e di valore potenziale,  hanno la possibilità di diventare le vere regine della gestione della crisi, in quanto nei fatti attraverso questi strumenti, si può tendere alla conservazione del “bene impresa” quale player fondamentale dell’economia sociale.

[1] Cass. Sez. U n. 8504 del 25/03/21

[2] Si veda nota 9

[3] L. n. 159 del 27/11/20 di conversione del D.L. n. 125/2020

[4] D.Lgs 12/09/2007 n. 169

[5] Circolare n. 34/E del 29/12/2020

[6] Questa circolare è da ascriversi nella fattispecie delle circolari organizzative come definite nelle pagine che precedeno.

[7] Alessandro Danovi e Giuseppe Acciaro – Evoluzione normativa e finalità della transazione fiscale – in La nuova Transazione Fiscale – Il Sole 24 Ore Febbraio ‘21. Pag. 7 e segg.

[8] Cass. supra

[9] Commissione Europea n. 2017/135/UE; Dir. 2019/1023.

[10] Concordato preventivo, accordi di ristrutturazione del debito, accordo di composizione della crisi che nella legge n. 14/2019 (Codice della crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza), viene definito concordato minore.

[11] La transazione fiscale è stata avvicinata alla transazione del diritto civile ed è stato utilizzato quest’ultima quale ponte di transizione affinché si potesse giungere al superamento del principio della indisponibilità del tributo

[12] Proponendo quindi una falcidia quantitativa ed un allungamento dei tempi di pagamento

[13] Art. 182 ter I° comma.

[14] In questo senso si veda l’Ordinanza del Tribunale di La Spezia (14 Gennaio 2021 ­ Giudice Est. Gaggioli) che ancorché a tale conclusione giunga in una procedura accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento art 9 della legge n. 3/2012. Applicando il rinnovato art. 12 comma 3 quater legge 3/2012 (come modificato dall’4 ter del Dl 137/20 convertito nella legge n. 179/2020), che equipara la previsione normativa prevista per il fallimento anche per le procedure da sovra indebitamento. Il Tribunale ha stabilito la conversione in voto positivo del voto negativo espresso dall’agenzia delle Entrate rispetto alla proposta di accordo di composizione della crisi avanzata dal debitore, previo accertamento della sussistenza delle due condizioni richieste dalla norma (voto decisivo ai fini dell’esito delle votazioni, soddisfazione maggiore rispetto a quella ricavabile dalla procedura di liquidazione del patrimonio ai sensi degli artt. 14 ter ss. legge 3/2012).

[15] Cass. supra

[16] Ilya Prigogine – I. Stengers – La nuova alleanza. La Metamorfosi della scienza. Einaudi 1999.

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